LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 575/2003
depositato  il  1°  agosto  2003  avverso avviso irrogazione sanzioni
n. ROXLS0100031/2003  sanzione  amministrativa  2002,  contro Agenzia
entrate,  Ufficio  Menaggio  proposto  dal  ricorrente: Da Mamma Rita
S.a.s.  Di  Siragusa e C. v. Osteno, 12 - 22018 Porlezza (CO), difeso
da: rag. Geninazza Eugenio via Dante, 95 - 22100 Como.
    In  conseguenza  di processo verbale di constatazione, redatto in
data  3  ottobre 2002 dal Comando Compagnia di Menaggio della Guardia
di  finanza, l'Agenzia delle entrate - Ufficio di Menaggio emetteva a
carico  di  Siragusa  Rita, socio accomandatario della «Da Mamma Rita
S.a.s.  di  Siragusa  Rita  e  C.  -  Insegna La Siesta», con sede in
Porlezza,  l'avviso  di  irrogazione  sanzione  n. ROXLS0100031/2003,
notificato il 21 maggio 2003, per violazione del d.l. n. 12 del 2002,
convertito nella legge n. 73 del 2002, consistente nell'impiego di un
lavoratore  dipendente  (Ferrario Cristina, addetta alla cucina), non
risultante  da scritture o documentazione obbligatoria, e irrogava la
relativa  sanzione amministrativa, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del
citato  d.l.,  in  euro  20.744,20  in  rapporto  al costo del lavoro
calcolato  in  euro  10.372,10  in  corrispondenza del periodo dal 1°
gennaio 2002 al 2 ottobre 2002.
    Con  ricorso, tempestivamente e ritualmente proposto, la mominata
Siragusa  Rita,  regolarmente  rappresentata  e difesa, richiamati in
premessa  gli  indicati  atti,  esponeva  in fatto fra l'altro che la
Ferrario  Cristina  aveva iniziato a lavorare, come dichiarato, nello
stesso  giorno  della  verifica  e  che  i  documenti necessari, gia'
predisposti,  erano presso lo studio del professionista incaricato in
Como, via Dante n. 95.
    Sosteneva,  pertanto, che la sola dimenticanza della trascrizione
nel  libro  matricola non puo' costituire l'illecito addebitato tanto
piu'  che  dell'assunzione ne era stata data comunicazione - entro le
24 ore - all'INAIL a mezzo fax.
    Aggiungeva  che  poi  -  entro i 5 giorni previsti - ne era stata
data  comunicazione al Centro per l'impiego di Menaggio tenendo conto
in  proposito  di  quanto  comunicato  all'interessata con l'apposita
lettera di assunzione, datata 2 ottobre 2002.
    Deduceva,   pertanto,  che  la  mancata  trascrizione  nel  libro
matricola e' da considerarsi una mera irregolarita' formale e che per
essa  l'applicazione di una sanzione, ai sensi delle citate norme, e'
da ritenere assurda, ingiusta e indiscriminata.
    Ed  al  riguardo  faceva  presente  che la stessa inosservanza e'
punita  diversamente  secondo  la  data del suo accertamento e che il
conteggio del costo del lavoro e' approssimativo in quanto effettuato
senza   tenere   conto  ne'  dell'effettivo  livello  retributivo  in
corrispondenza  alla  mansione  attribuita  ne'  della  categoria del
pubblico esercizio in cui viene svolta.
    Faceva   presente   inoltre   che,   per   cio',   aveva  chiesto
l'annullamento  dell'avviso  -  per  autotutela - all'ufficio, che ha
ritenuto   di   non  avvalersene,  essendosi  attenuto  ai  dati  del
documento,  rilasciato dalla Direzione regionale del lavoro di Milano
del  Ministero  del  lavoro  e  delle politiche sociali, contestabili
peraltro  dato  che  non tengono conto di tutte quelle particolarita'
che  attengono ai contratti di lavoro dipendente quali la categoria e
l'ubicazione  (regionale  e/o provinciale) dei pubblici esercizi e le
mensilita' spettanti secondo il tipo di attivita'.
    Infine,  richiamandosi  alle  dichiarazioni rese ai verbalizzanti
dalla  Ferrario,  faceva  presente che non poteva essere ignorato che
l'unica  giornata  lavorativa  era il mercoledi' e per ore 9 (nove) e
insisteva  sui  problemi che la sanzione da applicare, ai sensi delle
citate norme, presenta.
    La   ricorrente  concludeva  chiedendo  l'annullamento  dell'atto
impugnato con vittoria delle spese di giudizio.
    L'Agenzia  delle  entrate-Ufficio  di  Menaggio,  costituitasi in
giudizio,   ex   art.   23   del   d.lgs.   n. 546  del  1992,  nelle
controdeduzioni, depositate il 13 settembre 2003, faceva presente che
contro  l'avviso,  emesso  in  conseguenza dell'indicato p.v.c. e col
quale  ha  irrogato  per  la violazione contestata la sanzione di cui
all'art.  3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002, convertito dalla legge
n. 73  del  2002,  la  ricorrente  si  oppone  sostenendo  che per la
lavoratrice,  colta  in quel giorno in posizione irregolare, fosse il
primo giorno di lavoro.
    Argomentava  sulle  finalita'  e contenuto della citata normativa
con  riferimento  anche  alla legge n. 383 del 2001 ed alla relazione
accompagnatoria  dalla stessa nonche' alla C.M. n. 56/E del 20 giugno
2002,  sostenendo  in  conseguenza  l'infondatezza dei motivi addotti
dalla ricorrente.
    Invero  il  fatto  che  la Ferrario Cristina non era annotata nel
libro  matricola  e'  certo  ed inequivocabile e che esso va valutato
insieme alle dichiarazioni rese ai verificatori.
    Ne deriva, quindi, che le osservazioni della ricorrente non hanno
alcun   pregio,   restando  comunque  confermato  il  fatto  illecito
constatato  e  contestato,  per  il quale la sanzione, irrogata nella
misura  minima,  e'  adeguata  essendo  stata rapportata al costo del
lavoro,  comprensivo  non  solo  della retribuzione diretta, ma anche
degli  oneri  contrattuali,  come  precisato  nella  citata circolare
ministeriale, con esclusione degli oneri sociali.
    Infatti  l'inosservanza  della  norma  in  esame non solo viola i
diritti del lavoratore, ma comporta di riflesso l'inadempimento degli
obblighi  di  leggi fiscali e di altre in materia parafiscale nonche'
in materia igienico-sanitaria e di sicurezza sul posto di lavoro.
    Il  costo  del  lavoro poi e' stato calcolato sulla base dei dati
forniti  dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui al
CCNL   per  il  turismo-pubblici  esercizi  in  corrispondenza  della
mansione svolta, dichiarata dalla parte, come limpidamente dispone la
norma in esame.
    L'ufficio  chiedeva, pertanto, la conferma del proprio operato ed
il  rigetto  del  ricorso  con  vittoria  delle spese e competenze di
causa, di cui all'apposita nota, depositata il 16 luglio 2004.
    L'ufficio  con  istanza, depositata nella detta data, chiedeva la
discussione   in   pubblica  udienza  della  controversia,  ai  sensi
dell'art. 33 del d.lgs. n. 546 del 1992.
    Sciogliendo  la  riserva  formulata,  dopo  la  discussione della
controversia, all'udienza del 18 novembre 2004.

                            O s s e r v a

    Preliminarmente  e'  stata esaminata scrupolosamente la questione
in   merito   al   possibile   contrasto   della  gia'  citata  norma
sanzionatoria  con  gli  articoli 3 (uguaglianza di tutti i cittadini
davanti  alla  legge)  e  24  (diritto di difesa) della Costituzione,
giungendosi alla convinzione che la stessa e' da ritenere rilevante e
non  manifestamente  infondata  e che, pertanto, e' da rimettere alla
Corte costituzionale per la risoluzione.
    Infatti  l'art.  3,  comma  3,  del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12,
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 23 aprile 2002, n. 73,
prevede  la possibilita' di applicare «la sanzione amministrativa dal
200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare,
del  costo  del  lavoro  calcolato  sulla  base dei vegenti contratti
collettivi  nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno
e la data di constatazione della violazione».
    Orbene,  non pare dubitabile che con tale disposizione si finisca
per  equiparare  in modo irragionevole situazioni, che possono essere
diverse  tra loro, posto che il cittadino, che subisca l'accertamento
nel mese di novembre (ed abbia assunto in nero, ma da pochi giorni il
lavoratore),  sara'  soggetto  ad  una  sanzione  ingiustificatamente
maggiore  rispetto  a  quel  cittadino  che - per sua fortuna - abbia
subito identico accertamento nel mese di gennaio (ed abbia assunto in
nero  il  lavoratore,  ma  da  molti  mesi  prima,  neppure nell'anno
precedente).
    Pare evidente, quindi, in tal caso la violazione del principio di
uguaglianza di cui al citato art. 3 della Costituzione, stante che la
norma  in  esame,  facendo  dipendere  dalla casualita' della data di
accertamento   (e   dunque   dalla  mera  volonta'  dell'accertatore)
l'ammontare   in  concreto  della  sanzione,  di  fatto  ne  consente
l'irrogazione  anche  in  misura di molto diversa pure in presenza di
violazioni di pari gravita'.
    La  norma  in  esame  sembra  peraltro  stabilire una presunzione
assoluta  ed invincibile in merito alla durata del rapporto di lavoro
irregolare  accertato  in  quanto  rapporta  la misura della sanzione
all'ammontare   del   costo   del  lavoro,  calcolato  per  i  giorni
intercorrenti  tra  «l'inizio  dell'anno  e  la data di constatazione
della violazione».
    Cio' appare costituire violazione del diritto di difesa di cui al
citato art. 24 della Costituzione.
    Invero  in  tal  modo  viene impedito di fatto all'interessato di
dimostrare,  anche  in  modo  documentale,  che il rapporto di lavoro
irregolare accertato puo' aver avuto durata molto piu' breve rispetto
al  periodo  stabilito  dalla norma in questione come puo' avvenire -
per  esempio  -  nel caso che il lavoratore assunto in nero sia stato
addirittura  fino  al giorno prima un dipendente (pubblico o privato)
in  piena  regola  a  tutti gli effetti, circostanza che non puo' non
indurre  a ritenere fondatamente - in mancanza di verificati elementi
in  contrario  -  l'impossibilita'  dello svolgimento di un qualsiasi
altro  lavoro  irregolare  dipendente e soprattutto per un periodo da
stabilire obbligatoriamente in corrispondenza a quello previsto dalla
norma.
    Nel   caso   di  che  trattasi  le  questioni  di  illegittimita'
costituzionale  riscontrate  d'ufficio appaiono anche rilevanti posto
che   l'accertamento   della   violazione,   da   cui   e'  scaturita
l'irrogazione  della  sanzione amministrativa contestata, e' avvenuto
il  giorno  2  ottobre  2002  e  cioe' lo stesso giorno di inizio del
rapporto   di   lavoro,  come  da  dichiarazione  della  lavoratrice,
risultante dal «verbale di operazioni compiute» del Comando Compagnia
di  Menaggio  della  Guardia  di  finanza,  redatto in pari data, non
smentita da ulteriori elementi di prova.